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Resistere allo Stato Islamico attraverso l’arte? La storia di Matti al-Kanun lo dimostra. Pittore cristiano siriaco di 74 anni, Al Kanun è di Bartella (Mosul). Fuggito all’Isis nel 2014, l’artista, al pari di centinaia di migliaia di iracheni, vive 30 mesi come rifugiato a Erbil.

Nel 2017 torna nella città distrutta dalla battaglia e ritrova 35 opere, il portato di una vita dedicata all’arte. Nell’ammasso di tele, tre a tema cristiano sono state squarciate dai jihadisti in nome di un’iconoclastia che attribuisce al vandalismo dei jihadisti un carattere specifico: colpire le minoranze attraverso i loro simboli religiosi. È questo lo scopo degli uomini di Daesh, per i quali l’estensione del Califfato deve coincidere con l’eliminazione di qualsiasi elemento alieno alla loro ideologia.

Al Kanun decide di rimettere assieme la collezione e di portarla al sicuro, nel suo campo a Erbil. La Battaglia di Mosul sta per finire, il confine curdo-iracheno è un non luogo dove il transito di opere è difficile. L’artista però ci prova, vuole «ricucire quegli squarci come forma di resistenza allo Stato Islamico… come volontà di tornare alla vita malgrado la guerra».

Grazie a un furgone riesce nell’intento e inizia a ripararle usando frammenti di tela, dell’acqua e un po’ di colla. Il suo è un gesto simbolico, capace di testimoniare la violenza che sconvolge il Paese e di auspicare il riavvicinamento tra le etnie che compongono il mosaico iracheno, in quanto in Iraq si può tornare a vivere.