Quel fiume alla porta dei Balcani

Gli abitanti di Hamilo sono attoniti. Sostano nei cortili o alle finestre di casa con gli occhi fissi sulla strada. Osservano questo flusso di persone arrivato all’improvviso, come un’alluvione, spezzare la quiete della campagna al confine tra Grecia e Fyrom. Qualche chilometro oltre l’abitato c’è un profondo avvallamento solcato dal torrente Mala Reka. La portata delle piogge dei giorni scorsi ha trasformato il corso d’acqua in un ostacolo insidioso. Qui sono schierati gli agenti in assetto antisommossa, ma non cercano in alcun modo lo scontro, si limitano a rimanere in riga per creare uno sbarramento.

Non appena un gruppo di migranti riesce a fendere il blocco della polizia corre sino all’argine del fiume. C’è chi si ferma un istante per rimuove scarpe e calzini, quindi, arrotolati i pantaloni sui polpacci, afferra le proprie cose e affronta il guado. Qualcuno si getta nella traversata con le scarpe ai piedi, senza riflettere, forse temendo di essere inseguito dagli agenti muniti di caschi, scudi e sfollagente. Molti decidono di abbandonare quanto non sia strettamente necessario, pertanto altre coperte, vestiti, tende e sacchi a pelo, quelli trascinati per chilometri da Idomeni, finiscono tra i ciottoli, sul greto.

Nella foga della traversata qualcuno scivola, si aggrappa alla corda ma finisce nell’acqua gelida con tutto il corpo, trascinando con sé anche i vicini. La gente arriva ad ondate successive, come una marea. La frenesia è tale da provocare una diffusa sensazione di panico. Ognuno reagisce in modo diverso. C’è chi ride a crepapelle preso da una sorta di isteria, altri tremano per il freddo e in molti scoppiano a piangere, un po’ per paura un po’ per la miseria provata riconoscendosi nelle movenze di chi li precede.