In fuga da Mosul

Marzo 2017, l’emergenza umanitaria a Mosul è all’apice. L’esodo in corso ha avuto inizio poco più a nord, a Mosul, dove il 19 febbraio è stata avviata l’offensiva diretta oltre la riva occidentale del fiume Tigri, per conquistare la più importante roccaforte dell’Isis in Iraq. Una città di grande importanza strategica, posta all’estremità orientale dell’asse che la collega a Raqqa, in Siria. Proprio qui, a Mosul, il leader del califfato Abu Bakr al-Baghdadi ha deciso di benedire la nascita del suo stato islamico. Era il 29 giugno 2014, l’annuncio fu dato nella moschea al-Nuri divenuta un luogo dal profondo valore simbolico per i miliziani dell’Isis, ora disposti a tutto pur di difenderla dall’avanzata delle truppe irachene, arrivate a soli 400 metri dal luogo di culto.

Decine di migliaia di persone si stanno muovendo in massa. Di conseguenza l’emergenza umanitaria al campo di Hammam al-Alil si aggrava. La tendopoli ospita almeno 30mila persone, ma ogni giorno arrivano tra gli 8mila e i 12mila sfollati, da giorni. Al loro arrivo, donne e bambini sono raccolti in uno spiazzo all’aperto, attrezzato con un centro medico mobile e una tenda-cucina. Gli uomini invece vengono registrati e controllati uno a uno.

Di tanto in tanto nel mezzo della bolgia si assiste al ricongiungimento delle famiglie. Un ragazzo in uniforme commosso fino alle lacrime riabbraccia il padre, la madre e le sorelle arrivati da poco più di un’ora. Non si incontravano dalla primavera del 2014, quando l’Isis conquistò Mosul. In pochi istanti l’immagine scompare, cancellata dal passaggio di un gruppo di donne alla ricerca di uno spiazzo in cui sostare con i figli.